{jathumbnail off}Con questo articolo si chiude un anno intero dedicato alla proclamazione dell’Anno Internazionale della Luce. Il logo, su in alto, ci ha tenuto compagnia per tutta la nostra attività di divulgazione scientifica, per ben 365 giorni. Ci eravamo abituati a vederlo effigiare i nostri siti, i notiziari, gli eventi che si sono succeduti nel corso del 2015. Si chiude così questo capitolo di storia per lasciare il posto ad altre celebrazioni previste per il 2016, già proclamate dall’ONU e dall’UNESCO.
E, quindi, un nuovo logo ci accompagnerà per tutto il nuovo anno. Costanti, come sempre, lo riporteremo sui nostri elaborati come un trofeo assegnatoci dalla scienza, attraverso lo studio e la ricerca. E non potevamo non chiudere l’anno astronomico 2015 con un articolo che, con una impostazione luminosissima, riguarda tutti noi: la nostra Galassia, la Via Lattea. Una fonte luminosa che rischiara l’Universo, realizzata da una Grande Luce che governa tutto l’Universo.
Iniziamo la nostra passeggiata nella nostra galassia, considerandola la nostra isola in un immenso mare chiamato Universo, alla scoperta dei suoi segreti. Intanto vediamo perché si chiama Via Lattea. Il nome Via Lattea deriva da un episodio della mitologia greca, quando Il dio dell’Olimpo Zeus, invaghitosi di Alcmena, dopo avere assunto le fattezze del marito, il re di Trezene Anfitrione, ebbe un rapporto con lei e nacque Eracle, che Zeus decise di porre, appena nato, al seno della moglie Era mentre dormiva, cosicché il bambino potesse berne il latte divino e diventare così immortale. Ma Era si svegliò, si accorse che stava nutrendo un bambino sconosciuto, e lo respinse; il latte, sprizzato dal seno, schizzò e bagnò il cielo notturno, originando la “Via Lattea”; in latino Via Lactea, utilizzato poi dai Romani, che ricalcarono il mito greco. Fin qui la Mitologia; adesso continuiamo la nostra piacevole passeggiata, addentrandoci nei meandri scientifici per cercare di scoprire le sue bellezze. Ordunque, la Via Lattea, è una galassia di tipo a spirale (Fig.1) dove, nel braccio di Orione (Fig.2) si trova il nostro Sistema Solare, che è distante dal centro della galassia ben 26.000 anni luce. La nostra galassia è stimata con una età di circa 12.000 milioni di anni; con un diametro di 90.000 anni luce; contiene più di 200 miliardi di stelle; una massa di miliardi di volte quella del Sole; impiega 225 milioni di anni per girare su se stessa; e dispone di un asse centrale definito Barra Centrale di 25.000 anni luce. Nella nostra galassia, alla pari di altre galassie che popolano l’Universo, hanno luogo tre componenti fondamentali: il Bulbo, il Disco, l’Alone. Vediamo di che si tratta: il Bulbo è la zona sferica centrale che è formata da vecchie stelle; il Disco, che si trova al di sopra del piano di rotazione della galassia, ha una dimensione approssimativamente di un migliaio di anni luce ed è composto da giovani stelle, da gas e polvere protostellare; l’Alone è una enorme sfera di materia oscura. Ma i fenomeni energetici che mantengono unita la galassia, dove ha luogo il motore centrale, è il Centro Galattico. Infine, al centro della galassia si trova un Buco Nero, ancora oggetto di studio per la ricerca di indizi delle proprietà fisiche. Purtroppo, a causa dell’enorme quantità di polvere protostellare, simile ad una cappa di nebbia fitta, non è possibile effettuare osservazione in banda ottica del Centro Galattico, in quanto la gamma delle sue frequenze luminose non è possibile individuarle nemmeno con il Telescopio Spaziale, tanto meno con i telescopi terrestri. Ciò invece è possibile soltanto con i radiotelescopi attraverso le radio mappe, utili a rilevare la formazione di nuove stelle e di stelle di prima generazione in fase di estinzione. Inoltre, proprio nella regione centrale, è possibile rilevare una enorme concentrazione di luce ed una estesa quantità di stelle, maggiore di un miliardo di volte a quello presente intorno al nostro Sole; dove vengono rilevati intensi campi magnetici, data la presenza di cariche elettriche in movimento. Avvicinandoci ad una scala di 20 anni luce ci si avvicina al motore centrale della Via Lattea e, grazie alle osservazioni in banda radio, abbiamo una informazione unica: la presenza di più di 20.000 stelle. Ebbene, le osservazioni a differenti lunghezze d’onda, permettono di studiare le differenti componenti fisiche della nostra galassia. Infatti se l’osservazione avviene in onde millimetriche, emerge chiaramente la presenza di gas molecolare che è il combustibile per la formazione di nuove stelle; mentre se l’osservazione avviene su lunghezze centimetriche si ha una mappatura completa della distribuzione del gas, il quale si ionizza ed emette luce e onde radio, perché nei 4 anni luce centrali della galassia vi sono oltre 10.000 stelle; infine su scala di 4 anni luce, le immagini radio a Raggi X evidenziano la presenza di un gas caldissimo con temperatura molto al di sopra di milioni di gradi, dove è possibile osservare con precisione il gas ionizzato delle regioni interne dei bracci galattici. Ed è proprio in queste immagini radio che si può rilevare un oggetto celeste compatto ubicato nel centro della Via Lattea: la radiosorgente SgrA* che conferma la presenza del Buco Nero della nostra galassia. SgrA*, acronimo di Saggittarius A* (Fig.3) è una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa, situata nel centro della Via Lattea. La radiosorgente SgrA* sembrerebbe essere il punto in cui si trova un Buco Nero Supermassiccio; il quale avrebbe una massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole e, trovandosi nel centro della nostra galassia, costituirebbe il corpo celeste attorno al quale tutte le stelle della Via Lattea, compresa la nostra, compiono il loro moto di rivoluzione. Dunque questa è la nostra isola, nata circa 14miliardi di anni fa, dopo una tremenda esplosione chiamata Big Bang, nella quale convivono insieme luci e onde radio; la, dove la Terra rappresenta soltanto un piccolo granello di sabbia che ubbidisce alle leggi della fisica che governano tutto l’Universo. Leggi della fisica che utilizza anche il radioamatore attraverso le radiocomunicazioni. Si chiude così l’Anno Internazionale della Luce. Nel 2016 ci aspettano le celebrazione dell’Anno Internazionale dei Legumi; le quali, anche se in apparenza sembrano non aver nulla a che fare con la fisica astronomica, vi assicuro che occupano una ruolo molto importante, non solo nella gastronomia. Scopriremo così l’assonanza con la materia astronomica. Intanto per una attenta meditazione di fine anno, riporto il pensiero filosofico del compianto Carl Sagan (Fig.4) un grande radioastronomo autore di tanti libri e fondatore del progetto S.E.T.I. (Serach of Extra Terrestrial Intelligence). Auguro a tutti un Natale di Pace (Fig.6).
Cieli Sereni, ik0eln Giovanni Lorusso
Un granello di Sabbia
La Terra è un palcoscenico molto piccolo in un’enorme arena cosmica. Pensa ai fiumi di sangue versati da tutti i generali ed imperatori affinchè in gloria e trionfo loro potessero divenire i padroni momentanei di una frazione di un puntino. Pensa alle crudeltà senza fine degli abitanti di un angolo del puntino sugli abitanti di un altro angolo appena distinguibile del puntino. Così frequenti i loro malintesi, così ansiosi sono di uccidersi l’un l’altro, così fervente il loro odio. La nostra presunzione, la nostra immaginata auto-importanza, la nostra illusione di avere una posizione privilegiata nell’Universo, sono sfidate da questo puntino di luce pallida. Il nostro pianeta è una macchiolina solitaria avvolta nel grande buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è suggerimento d’aiuto che verrà da altrove a salvare noi da noi stessi. Si dice che l’astronomia insegna la modestia e io aggiungo che è un’esperienza che costruisce il carattere. Io penso che non c’è forse nessuna migliore dimostrazione della follia della presunzione umana che questa immagine da lontano del nostro piccolo mondo. Secondo me, essa sottolinea la nostra responsabilità di avere più gentilezza e compassione l’un con l’altro e di preservare e curare teneramente quel pallido puntino blu, l’unica casa che noi abbiamo mai conosciuto (Fig.5).
[Carl Sagan]